30 Giugno Oranje verdeoro: diario dell’estate dei mondiali ad Amsterdam
Il museo Vincent Van Gogh è praticamente un luogo di pellegrinaggi nel quale chiunque vi entri, che sia anziano o bambino, ne uscirà profondamente cambiato, che sia per la potenza, la semplicità comunicativa, i colori, i soggetti, o tutto questo insieme, o anche l’irresistibile voglia di vivere bruciata in 37 anni e centinaia di dipinti fatti tutti in meno di 7 anni trascorsi come una folata di vento.
La visita a questo museo, che contiene, come uno scrigno, la maggior parte delle opere del giovane artista, non potrà che lasciare un segno profondo. Questa volta l’aspetto che mi ha colpita è che ogni quadro sembra segnare il passaggio già al prossimo … Ogni soggetto segna un transito verso un altrove che continua a rimanere sconosciuto.
Il ragazzo dai capelli rossi ha dipinto con rigore e libertà: la stessa di un falco o di una rondine insieme… Sempre con la paura di non raggiungere qualcosa .. Eppure in ogni dipinto si sente anche quel breve attimo di pace, la scelta dei colori, le pennellate che da materiche si sviluppano in rivoli che si vanno attorcigliando in riccioli cromatici al limite del lezioso..e lì la furia del pennello sembra indulgere quasi compiaciuta per l’effetto magico della materia sulla tela:… le rifrazioni della luce dentro alla pennellata spessa si fondono con il vortice di colori , blu accesi, gialli intensi, porpora e di nuovo celesti diafani rosa incarnati…. Tutti inventati eppure cosi perfetti per rendere quella sfida che il giovane Vincent si sentiva di dover affrontare. da solo.
E pure all’ inizio, appena terminati gli studi accademici, quando ancora dipingeva estraendo da un colore bruno quasi nero con pochi tocchi più’ chiari, forme incredibilmente capite e rappresentate, quei dipinti fanno comprendere a qualsiasi pittore anche quanta bravura ci fosse in quel “debuttante” destinato ai più alti gradini della gloria…… Nature morte con patate e limoni escono dal buio con una apparente. Monocromia ricchissime di colori appena intuiti dagli occhi e invece compresi dalla memoria di chi osserva: uno stato di empatia quasi irripetibile per qualsiasi altro pittore.. Mi sembra che Vincent Van Gogh abbia raccolto tutte le sfide pittoriche di quel suo periodo di vita e nell’ arco di pochi anni abbia posto l’ inizio del solco che ha attraversato tutta la pittura dei successivi 150 anni.
Con la velocità che ora potrebbe avere la rete quando è connessa, ha unito i fili, mettendo in dialogo gli stili: li ha messi in comunicazione nelle combinazioni più impensabili e ha praticamente messo le basi a tutte le correnti successive.. Tutto passa attraverso lui, tutto esce e prende la sua personale strada… Colorismo, fauvismo, materismo, astrattismo, simbolismo, anche surrealismo in quella dimensione cosi ricca di narrazione psicologica da divenire straniante… Romanticismo e razionalità in lui fanno cortocircuito: il giovane sceglie di ritirarsi in una clinica per malati mentali, come a sentirsi meno travolto dal suo tempo che stava vivendo.. ma la mente prende anche il più sottile refolo di vento e corre…. anche nel giardino della clinica, il colore fugge lontano portato dall’aria.
E anche pittore politico: nel racconto degli “ultimi” della società che fossero contadini o prostitute, patate o fiori di campo, il suo sguardo è “dentro” il suo mondo..quel mondo ai margini, assediato dall’ industrializzazione e che fortunatamente lui ha saputo descrivere appena prima che venisse stravolto dal “secolo breve” … Anche questa corsa contro il tempo ho avvertito. Anche nei suoi giardini di mandorli fioriti o i filari di alberi delle campagne gelate, tutto quel divenire così armonioso sarebbe scomparso poco dopo lui..e tutti i pittori hanno capito.
Tutti i pittori han preso il testimone, anche l’ amico nemico Gauguin..rifugiatosi a Noa Noa dipinge un mondo che sappiamo ora perduto.. come anche, in Italia, Segantini, e soprattutto fattori con i suoi magnifici dipinti della vita dei contadini e dei militari nel corso del risorgimento, prima grande prova dell’unita’ d’ Italia e fine di quel mondo contadino soffocato dal latifondo. Paragonerei la pittura di Van Gogh, che esce dal colore e incontra la luce e l’ aria alla scultura di Michelangelo, che faceva nascere dal marmo forme che lui diceva sentire imprigionate nella pietra, in sola attesa di poter incontrare la luce e l’aria.Tutto questo mi ha insegnato oggi Vincent, il ragazzo rosso olandese
Stasera seconda giornata di ramadan e l’Algeria ri incontra la Germania, come 32 anni prima, come quando furono i verdi, le volpi del deserto, i fennec a vincere, e la germania accusò cosi male la sconfitta da tramare di farli eliminare grazie alla differenza di punti nella partita dell’ Austria; sono voci, ma contano. La cosa interessante di guardare le partite del mondiale in una città multietnica è che ovunque c’è il tifo per squadre diverse: stasera nel ristorante curdo si tifava Algeria, ieri Costa Rica nei ristoranti sudamericani; la passione cambia col semplice attraversare la strada.
Nonostante la mia vocazione per le squadre anglosassoni, stavolta ho simpatizzato anche io per le “volpi verdi”. E, comunque sia, i Verdi si son fatti valere: hanno giocato meglio nonostante la sconfitta! Con un portiere bellissimo… e bravissimo. Il momento più emozionante? Lo scambio di magliette, naturalmente!
Date uno sguardo alle foto del 30 Giugno 2014
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