12 Luglio Brasile Olanda 0-3

12 Luglio Oranje verdeoro: diario dell'estate dei mondiali ad Amsterdam.

«Una partita inutile,perchè in un Mondiale conta solo arrivare primi. Il resto è amarezza e rimpianti». Questa la frase del C.T. olandese poche ore prima dell’ inizio della partita,
e con questo sembrava che gli Oranje fossero stati lasciati immeritatamente soli.

Soli a giocarsela sul campo. Anche ad Amsterdam i festeggiamenti di incoraggiamento, quelli di prima partita con tanto di orchestrina in piazza, si son tenuti senza gli entusiasmi iniziali, con un profilo bassissimo. Due squadre stanche dopo un mese di pressione ed entrambe penalizzate dai loro stessi mentori, contro ogni ragionevole auspicio.
Eppure pochi ricordano quel che predisse Socrates, uno dei migliori giocatori della storia del calcio, annoverato dallo stesso Pelé nell’empireo dei primi 100, sicuramente l’ atleta piu’ intelligente e capace, straordinario; ( forse egli stesso semidio figlio di Dike, figlia di Zeus , e che mai sbagliò’ un pronostico, nemmeno in merito alla sua stessa morte, perche’ nessun elemento del destino mai osò contraddirlo..) ebbene lui stesso disse: “….Non ci siano dubbi sulla nostra felicità per la scelta del nostro paese come sede di questa grande manifestazione calcistica nel 2014. Questa felicità, però, non ci può annebbiare la vista davanti all’abisso che ci separa dalle condizioni necessarie per aver meritato questa designazione…”

E, senza auguri e incoraggiamento, inizia la partita. Con, da una parte, la padrona di casa, che fin dalla prima partita così poco aveva saputo fare gli onori di ospite, piagnucolando ad ogni fallo e che aveva subito la sua peggiore sconfitta in semifinale dalla Germania: un autentico disastro, credibile solo perchè appunto Socrates poco tempo prima di morire lo aveva previsto… E dall’altra gli Oranje, che si trovavano a disputare un terzo posto partendo da favoriti e senza aver mai nemmeno perso una partita prima dell’ ultima con i due calci di rigore bagliati. Si ritrovano di fronte, esattamente come desideravano, ma a disputare chi dei due sarebbe uscito dal podio e con che tipo di disonore.

Soli. Ma Robben, che conosce il patto che gli dei hanno concesso ed esaudito, non affronta l’ incontro come un terzo posto, ma come la loro partita finale: quella partita rincorsa e agognata, quella per cui gli dei stessi li hanno coccolati…
Proprio così: in questo tiepido sabato, la squadra di lupi di mare scende in campo con la maglia turchina come l’ oceano e gioca come se affrontasse una traversata.
…e fin dall ‘ inizio del primo tempo senza cedere a compiacimenti o strafare, ma senza nemmeno ripiegarsi nei consueti vittimismi di fronte all’ arbitrato un po’ indulgente o misericordioso verso i verde oro, forti delle promesse fatte dagli dei, tirano dritto come se l’ unica cosa importante sia arrivare alla fine senza rompere il ritmo, nemmeno quando Sneijder si scontra e viene messo ko.

Van Persie stoppa deliziosamente e lancia; Robben che arriva come uno staffettista veloce, con rincorsa, spazzando via tutti: due punti e proseguono il gioco senza curarsi dei falli non visti o trascurati e delle espulsioni probabili nemmeno sanzionate.. In fin dei conti non serve infierire.
Si capisce che basta vincere senza necessariamente umiliare l’avversario, basta vincere dignitosamente e lasciare perdere. Robben così gioca e cosi giocano tutti i compagni..
Cillessen come sempre esce dalla porta palleggiando e tira come se fosse un dodicesimo uomo..
Robben tiene il punto, passa oltre a tutti i colpi alle caviglie, il velocista dalle gambe di cristallo leggero come una piuma che stavolta è meno pulito del suo solito nello scavalcare gli avversari che affondano in cerca dei suoi piedi, cade e si rialza senza badare.. Bisogna arrivare dall’altra parte del campo: bisogna arrivare dall’ altra parte dell’ Oceano senza fare errori.

Sul finale del secondo tempo si concedono un piccolo capolavoro: cross di Janmaat, minuto 91, e solitaria girata ravvicinata in goal dell’ottimo Wynaldum; un goal costruito come una trina ..uno di quelli così “belli da vedere”, che la moviola non si stanca di riproporlo e non ci si stanca di riguardare da quanto sembra incredibilmente ben riuscito.
Un caso? La dea Atena ha mantenuto la sua promessa, certo, ma ha anche voluto far vedere al capitano che lei, no, lei non li aveva abbandonati neanche dopo l’aver esaudito il loro desiderio. Alla fine della partita dopo una lunga serie di abbracci fra tutti i giocatori
compresi quelli brasiliani, che solo dagli Oranje vengono rincuorati, e che certo invece non hanno che potuto sentirsi tristi, lo sguardo di Robben dolcissimo, contento e appagato commuove; e mentre lancia due baci alla telecamera, ci si sente sfiorati dalla sua sincera felicità’

E da lontano si sentono rincorrersi anche per le strade di Amsterdam i botti e i fuochi d’ artificio: il porto fiammingo risponde a quei baci e ringrazia. Appagato. Avevo letto sui giornali olandesi, prima della partita col Costarica, che Robben aveva dichiarato che stavano giocando bene perché si stavano divertendo.. In effetti lo sguardo stanco ma felice ci ha resi tutti partecipi di una grande corsa verso i desideri..e le speranze.
Un grande fenomeno dove fortuna, caparbietà, forza e capricci divini si sono intrecciati a far capire come si sia fragili e forti di fronte all’ incertezza del futuro..
Dove tutti potevano o volevano e solo a uno spetta la vittoria ma non necessariamente l’ onore e l’amore..

“L’Olanda? Un piccolo paese ma ha sempre avuto giocatori e tecnici eccellenti, e nel calcio ha fatto scuola. Occupano bene gli spazi, cercano la profondità, si allenano sempre al meglio. Anche se non hanno vinto molto, nelle generazioni passate gli olandesi sono stati i migliori del mondo”. Con questa frase del ct della Germania, Joachim Loew,ci si prepara alla finale. Scontro di continenti, di papi, di prime ministri donne.. La resa dei conti.

Date uno sguardo alle foto del 12 Luglio 2014

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