La ragazza con l’orecchino di perla. Alcune riflessioni 2

Palazzo Fava di Bologna. In mostra la Ragazza con l’orecchino di perla

Nel periodo della “Golden Age” fiamminga, all’apice dell’opulenza dei Paesi Bassi, l’arte del ritratto celebrativo si trasforma in un ambizioso modo di rappresentare l’uomo nella natura: e la natura rappresentava di quei volti anche l’interiorità.

Ma quando si tratta di rappresentare il mondo interiore avviene una scoperta che sembra rivoluzionaria al pari di quella dell’America, di pochi anni precedente..
Il ritratto delle donne non solo in quanto Madonne, Dame, Regine o Nobili, o simbolo di qualcosa di sommo e alto, ineffabile, sulla scia della letteratura stilnovista, ma proprio del loro valore in quanto “femminile” della vita umana nella sua quotidianità.

Rappresentare le donne significava però rapè presentare un mondo che non poteva più avere il solo portato delle azioni, ma anche delle emozioni:con il ritratto femminile inizia quindi una nuova esplorazione dell’anima.
I ritratti femminili diventano ritratti di vita: di una vita quotidiana e operosa, tutta sotto l’influenza protestante che esaltava l’esperienza umana terrena come un’esperienza fatta di devozione verso il lavoro, una vita privata fatta di silenzi e attese, di lavoro e sopratutto di donne in quel periodo, con uno stile apparentemente opposto emerge la pittura di Vermeer quasi tutta concentrata sul ritratto del volto come ritratto della vita quotidiana.

Di Vermeer si conosce molto poco: le uniche fonti sono alcuni registri, pochi documenti ufficiali e commenti di altri artisti si sa solamente che Il padre Reynier era un tessitore di seta della classe media, che si occupava anche di commercio di opere d’arte.

Vermeer era in grado di ottenere colori trasparenti applicando sulle tele il colore a punti piccoli e ravvicinati, tecnica nota come pointillé, (da non confondere con il pointillisme)
La sua tecnica punta ad una resa più vivida possibile, con effetti, soprattutto di colore, che egli ricerca con un interesse quasi scientifico, considerando il soggetto una sorta di espediente: “le pitture di Vermeer sono vere nature morte con esseri umani”.*

L’utilizzo di questo strumento ottico giustificherebbe ampiamente la mancanza di disegni preparatori precedenti ai dipinti di straordinaria precisione “fotografica” e fisiognomica di molti artisti fiamminghi, come Van Eyck, e successivamente di epoca barocca, come Caravaggio o Velázquez, ed appunto dello stesso artista olandese. Ma soprattutto, secondo tale tesi, l’uso della “camera oscura” spiegherebbe anche alcuni dei sorprendenti effetti di luce dei quadri di Vermeer, in particolare i curiosi effetti “fuori fuoco” che si riscontrano in taluni dei suoi capolavori, dove alcuni particolari sono perfettamente a fuoco ed altri no, con un tipico effetto riscontrabile nella moderna tecnica fotografica. L’estrema vividezza e qualità dei colori nei dipinti di Vermeer, tuttora riscontrabile, è dovuta alla grande cura posta dall’artista nella preparazione dei colori ad olio e nell’estrema ricercatezza dei migliori pigmenti.

Se dovessi pensare alla cifra che da sempre ha più caratterizzato la pittura degli interni di Vermeer, credo sia sempre stata la dimensione privata della vita fatta dall’opera minuziosa e paziente delle donneprotagoniste assolute Nelle sue opere è dunque presente una eccezionale unità atmosferica. La vita silenziosa delle cose appare come riflessa entro uno specchio terso; dal diffondersi della luce negli interni attraverso finestre socchiuse, dal gioco dei riflessi, dagli effetti di trasparenze, di penombre, di controluce.

Dei suoi ritratti; da quel mettere il fuoco nella quotidiana vita domestica, quella apparentemente senza impresa eroica, di nuovo, da quel momento, da quel “buco della serratura” attraverso il quale guardare, studiare, esplorare e comprendere il mondo inteso come vita niente fu come prima… e seppure di natura del tutto nuova, a ben vedere nemmeno quello della donna è un ritratto che riesce a lungo ad esulare dalla sua peculiare “eroicità” tutta femminile un’eroicità nuova certamente, ma sempre eroica, che tanto ha appassionato sino ad oggi.

A Bologna la mostra “La ragazza con l’orecchino di perla”, ultima tappa di un tour mondiale dei preziosi quadri del Mauritshuis, il piccolo museo de L’Aia che ha chiuso le proprie stanze per un lungo restauro un paio d’anni fa. 37 dipinti che le ruoteranno attorno al “Il mito della Golden Age”, “Da Veermer a Rembrandt”, “Capolavori del Mauritshus”. Saranno sei le sale che ospitano i capolavori del seicento olandese: nella prima i dipinti che ricordano la storia del museo Mauritshuis; la seconda denominata Paesaggi con alcune opere di van Ruisdael; la terza, Ritratti, che comprende celebri dipinti di van Rijn; la quarta, denominata Interni con figure, con Diana e le sue ninfe sempre di Veermer; la quinta, Nature Morte, con i capolavori di Pieter Claesz; infine la sei dedicata interamente al capolavoro de “La ragazza con l’orecchino di perla”.

Un risultato davvero straordinario per una città come Bologna!

Valentina Falcioni

Nota. Le pitture di Vermeer sono vere nature morte con esseri umani”.*
*Nota: Non ci sono disegni attribuibili con certezza all’artista e i suoi quadri presentano pochi indizi dei suoi metodi preparatori.
il noto pittore inglese David Hockney, (Nel libro “Il segreto svelato”), rifacendosi ai numerosi studi sull’utilizzo di strumenti ottici nella Pittura fiamminga, sostiene che Vermeer, come molti altri pittori della sua epoca, facesse largo uso della camera oscura per definire l’esatta fisionomia dei personaggi raffigurati e la precisa posizione degli oggetti nella composizione dei dipinti.

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